Fedez, le drag queen apparse nel video ‘Mille’ scrivono al cantante: “Un incubo, devi sapere cosa è successo in tua assenza”

"Lavoro da incubo. Mancanza di rispetto e sensibilità, ci hanno urlato anche 'trans'".

14 Giu 2021 Fabiano Minacci • Tempo di lettura: 6 minuti

Fedez e le drag queen del video di Mille

Ieri è uscito il delizioso video di ‘Mille’, il nuovo singolo di Fedez, Achille Lauro e Orietta Berti. Nella clip sono presenti anche due note drag queen, Paola Penelope ed Eva Paradise. Proprio la Penelope ieri sera ha scritto un lungo sfogo, nel quale si è lamentata per la mancanza di professionalità, sensibilità e rispetto da parte di alcune persone che hanno lavorato al progetto. Paola si è rivolta personalmente a Fedez, per fargli sapere quello che è successo in sua assenza. Cambi di programma, slittamenti nell’orario e addirittura un membro dello staff che ha chiamato “trans” le due drag, questo in sintesi è quello di cui si è lamentata Paola Penelope.

Non per difendere Federico (perché non ha certo bisogno di un altro avvocato difensore sul web), ma sono sicuro che in questa storia non c’entri nulla. Mi auguro solo che siano state solo incomprensioni e che chi ha urlato al megafono “trans” l’abbia fatto in buona fede e solo per l’ignoranza sul tema. In ogni caso Paola ha fatto bene a raccontare tutto a Fedez.

Paola Penelope e la lettera indirizzata a Fedez.

“Caro Fedez.
Come sai sono stata ingaggiata per girare il tuo video clip “Mille”.
Credo tu debba sapere cosa è accaduto durante la tua assenza, così da decidere con chi lavorare in futuro. Ho provato a scriverti attraverso i tuoi canali social ma, ovviamente, con tutti i messaggi che ricevi ogni giorno credo sia molto difficile leggere e gestire tutto.

Quando ho ricevuto la chiamata ero felicissima che un cantante famoso, e che ultimamente si è molto speso per la comunità LGBT, avesse pensato ad utilizzare la figura delle Drag Queen in un grande progetto, non solo per dare colore ma anche per l’aspetto sociale che rappresentiamo e che spesso viene dimenticato. Devo dirlo fuori dai denti: sono stati due giorni di lavoro da incubo!

Premetto che le Drag Queen avrebbero dovuto far parte della band e delle damigelle, ma è ormai evidente che non è stato così; cercherò di spiegare “brevemente” i motivi:

Il primo giorno le drag queen sono state convocate alle ore 12:00, e come indicato eravamo pronte dalle 15:30; alle 19:00 io ho girato una scena con Achille Lauro e alle 20:00, insieme alla mia collega, una scena corale in cui dal centro siamo state passate alle estremità. Alle 21:30 siamo andate a casa.

È vero, nel cinema ed in generale in questo mondo è tutto molto lungo, le scene possono mutare in base alla creatività del regista e le attese sono estenuanti, ma mi è sembrato da subito alquanto strano il nostro utilizzo. A fine giornata ho parlato immediatamente con il nostro referente per capire meglio e per comunicare che se la nostra presenza fosse fuori contesto (come mi era sembrato) avremmo potuto anche non tornare il giorno seguente, ma ci è stato assicurato che il giorno successivo avremmo girato le nostre scene.

Il secondo giorno dovevamo essere pronte alle 9:30, quindi ci siamo svegliate all’alba per truccarci visto che la convocazione era alle 7:30 e temevamo di non ultimare la preparazione in sole due ore; sfortunatamente, però, il “giochino” è stato lo stesso: alle 12:30 siamo state chiamate a bordo piscina ma, improvvisamente, qualcuno ha deciso di spostarci sulla terrazza”.

“Ci hanno dato delle trans”.

“Allo stop di questa scena “colossale” sentiamo l’aiuto regista dire al megafono “Dite alle trans di mettersi all’ombra”; la mia reazione, ovviamente, è stata tempestiva ed ho detto subito ”Ok, vado a casa. Arrivederci!”.

Intendiamoci, essere chiamata “trans” non è un’offesa, anzi, ma lì ho avuto la certezza che la regia non avesse la consapevolezza della figura della Drag Queen e che la nostra presenza non avesse alcun senso. Decido di abbandonare il set, vado in camerino per struccarmi, e arriva subito l’aiuto regista a scusarsi dell’accaduto dicendo che dalla terrazza avevamo sentito male. Ho tentato di spiegare più volte che non mi ero offesa per la parola trans, ma che avevo finalmente avuto la certezza che stavamo solo perdendo tempo e che se volevano un trapezista era inutile chiamare un domatore di leoni; parole inutili, perchè era evidente che le mie spiegazioni non fossero recepite.

Successivamente, vista la mia scelta ormai inderogabile di voler andare via, arriva il produttore in camerino che mi spiega il suo punto di vista riguardo la scelta etica delle drag queen e mi chiede di restare perché, nel pomeriggio, avremmo girato la nostra scena. Decido di rimanere, anche con qualche senso di colpa per aver dubitato della loro buona fede, e alle ore 17:00 ritorniamo sul set. Indovina? Nonostante tutto, riviviamo nuovamente la situazione del primo giorno: in mezzo a 40 persone, dal centro passiamo ai lati.

Ecco il valore aggiunto: il valore del nulla, e probabilmente fare i fighi. Per aver messo due drag queen in “controluce” in un video che in estate vedranno 60/90 milioni di persone.
Credo di aver commesso io l’errore di aver accettato in virtù del tuo nome un lavoro senza aver regolarizzato, se non verbalmente, il mio ingaggio; a fine riprese, infatti, non avendo firmato alcun contratto e liberatoria e non avendo svolto il ruolo per cui sono stata chiamata, ho deciso e richiesto di essere cancellata dal progetto, ma è proprio qui che c’è stato il picco di delirio di onnipotenza da parte dei tuoi collaboratori”.

Paola ha chiesto aiuto ad un avvocato.

“Senza entrare nei dettagli, voglio solo dirti che ho dovuto avvalermi dell’assistenza di un legale. Ho deciso di trovare una soluzione solo perché sono una persona corretta. Ho voluto evitare problemi legati all’impossibilità di utilizzare la mia immagine in caso di mancanza di liberatoria. Ma ancora sono scossa per tanta mancanza di professionalità, sensibilità e rispetto.

Ognuno può fare ciò che vuole, ma personalmente se avessi saputo da il trattamento riservato, non avrei mai accettato.
Questa è la triste storia della mia esperienza nel tuo video, caro Fedez. Per difendere i diritti di un’enorme comunità, come quella LGBT non basta esporsi pubblicamente in tv. Bisogna farlo ogni giorno, anche nel quotidiano, anche scegliendo uno staff che ci rappresenti. Le battaglie che noi dobbiamo affrontare quotidianamente per l’accettazione e la normalizzazione del pensiero comune altrui, sono molte, e partono dai piccoli gesti. Come quello di rispettare ogni lavoratore e dare valore ad un figura come la nostra che ancora oggi è oggetto di scherno e mortificazione.

Spero che quanto accaduto sia per te, come lo è stato per me, fonte di esperienza. E che per le tue prossime produzioni scelga con maggiore attenzione i collaboratori da cui decidi di circondarti. Perché agire nel quotidiano vale più che l’esposizione mediatica.
Concludo sperando che tu, in futuro, possa avvalerti di #MILLE altri collaboratori!”

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