Olimpiadi, le ginnaste tedesche boicottano il body e si presentano in tuta: “Basta sessualizzarci”

27 Lug 2021 Fabiano Minacci • Tempo di lettura: 2 minuti

ginnaste tedesche

Le Olimpiadi continuano a regalare numerosi spunti di riflessione e dopo aver conosciuto i problemi di salute mentale di Simone Biles (che è stata costretta al ritiro della gara a squadre), sempre dal mondo della ginnastica artistica ecco una vera e propria rivoluzione.

A scrivere una pagina della storia sono state le ginnaste tedesche che si sono presentate alle Olimpiadi con una tuta piuttosto che con i classici body sgambati. Il motivo? Basta alla sessualizzazione dei corpi.

Il team composto da Sarah Voss, Elisabeth Seitz, Kim Bui e Pauline Schaefer ha detto addio ai classici body sgambati che lasciano le gambe nude. Hanno sfoggiato delle tute bianche e rosse lunghe fino alle caviglie.

Olimpiadi, le ginnaste tedesche: “Basta body scosciati”

Sarah Voss, come riportato da FanPage, ha dichiarato:

Le tute corte sono simili a costumi da bagno e possono essere considerate provocanti all’esterno e far provare vergogna a chi le indossa, anche per via dei movimenti che dobbiamo fare“. Spaccate e salti infatti mostrano il corpo: un atto naturale nello sport, ma che non da tutte le ragazze viene vissuto nello stesso modo. La stessa federazione tedesca si è espressa sulla questione tramite un comunicato: “La ginnastica include esercizi in cui le atlete allargano le gambe o si mettono a cavalcioni e questo, soprattutto con i body a taglio corto, mette a disagio le ragazze e le donne. Invece dovrebbero sentirsi bene con ciò che indossano in ogni momento”.

Sarah Voss ha sempre ammesso di ispirarsi a Simon Biles, l’atleta prodigio statunitense che ha sempre difeso i diritti delle atlete. “In quanto ginnaste della nazionale tedesca – ha sottolineato Voss –  siamo un modello per molte giovani atlete e vorremmo mostrare loro come indossare abiti diversi se si sentono a disagio con quelli classici“. Altre due colleghe oggi gareggeranno con i leggings lunghi fino alle caviglie: la libertà delle donne passa anche da travi e pedane.

 

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