Lucy Salani, la donna trans sopravvissuta a Dachau: «Ho 97 anni ma sono morta allora»

29 Gen 2022 Fabiano Minacci • Tempo di lettura: 3 minuti

Lucy Salani

In queste settimane milioni di italiani hanno potuto conoscere la storia di Lucy Salani, la donna transessuale più anziana d’Italia. Una storia purtroppo legata al nazismo, perché la donna – all’epoca ragazzo – ha vissuto un anno nel campo di concentramento di Dachau.

«Quando mi mandarono a fare soldato, dissi subito: “Ma sono omosessuale!”. Non mi credettero: «Vai, vai, dicono tutti così!”», ha raccontato Lucy nel suo documentario. «Speravo che ci bombardassero, per mettere fine a tutto. Ci hanno denudati, pelati e disinfettati con la creolina. L’inferno di Dante in confronto è una passeggiata».

Intervistata da Open per la promozione del documentario, C’è Un Soffio Di Vita Soltanto, Lucy Salani ha così ricordato quell’anno orribile nel campo di concentramento.

“Cosa non ho mai dimenticato? L’interminabile fila di cadaveri ammassati sopra dei carretti pronti per essere cremati. Con i miei occhi ho visto persone vive essere buttate nei forni. Io avevo il compito di mettere delle targhette con i numeri sui cadaveri”.

E ancora:

“Mi ha salvata fare molte esperienze. Dopo essere uscita viva da Dachau mi sono scatenata, ho vissuto intensamente. Ho iniziato a lavorare per una compagnia facendo spettacoli di cabaret, viaggiavo il più possibile. Ma l’ombra di quel luogo non mi ha mai abbandonata. In qualche modo mi sento come se fossi già morta a Dachau, quindi la vita che ho avuto l’opportunità di vivere è stata comunque un miracolo, anche se ho subito molta discriminazione. Ho cercato di vivere vicino alle persone che mi volevano bene, rimanendo libera, anche se a tanti non andava bene chi io fossi”.

Lucy Salani: “Mi sono operata in Inghilterra a 60 anni, fu molto doloroso”

In merito alla propria transessualità, Lucy Salani ha dichiarato:

“La prima volta che ho sentito parlare di omosessualità? Tra gli Anni 30 e 40 sentii per la prima volta la parola “omosessuale”, ma poche persone la pronunciavano. Ricordo gli insulti che si ricevevano. All’epoca io mi definivo “omosessuale” anche se non la reputavo la definizione corretta: a me piacevano gli uomini ma non mi sono mai sentita un uomo.  Il mio punto di riferimento è sempre stata mia madre, l’unica che dopo mille litigi mi ha accettata per quello che ero.

Avevo due fratelli che ho cresciuto con grande amore ma entrambi si sono rifiutati di chiamarmi “Lucy”, per loro dovevo rimanere per sempre il loro fratello Luciano. Oggi ho solo un fratello in vita con cui ho un buon rapporto. Ma in passato non è stato così. Non ho mai voluto però cambiare legalmente nome. Chiamarmi Luciano non cambia di certo la mia identità”.

Negli anni 80, ormai sessantenne, Lucy decise di sottoporsi all’intervento di cambio di sesso.

“Decisi di accompagnare due amici che volevano operarsi in Inghilterra. Una volta lì mi convinsi di fare anche io l’operazione. Prima di chiudere gli occhi non dimenticherò mai la scritta “man” sul separé. Quando mi svegliai comparve magicamente la scritta “woman”. Che emozione! Finalmente potevo essere ciò che volevo. Dopo l’intervento la mia vita è cambiata molto. Non ho solo bei ricordi però.

Il periodo post operazione fu molto doloroso. Erano altri tempi e, purtroppo, non veniva data molta attenzione alla ricostruzione della sensibilità dei genitali. Ho dovuto rinunciare alla perdita di piacere ed è stata una grande sofferenza. Se potessi, oggi, non lo rifarei”.

In queste settimane la donna è stata ospite in tv da Geppi Cucciari e da Serena Bortone. Una storia che merita di essere conosciuta.

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