Giorgia Meloni, incastrata da Selvaggia Lucarelli, si fa difendere da un’avvocatessa: ma la toppa è peggio del buco

14 Mag 2021 Fabiano Minacci • Tempo di lettura: 3 minuti

giorgia meloni selvaggia lucarelli

Giorgia Meloni ieri è stata messa all’angolo da Selvaggia Lucarelli in merito ad un capitolo del suo libro, in cui ha raccontato come sua madre fosse stata lì lì per abortire, salvo poi ripensarci una volta essere arrivata davanti la clinica.

“Avete presente la storia strappalacrime sulla madre della Meloni che va ad abortire, a fare gli esami che precedono l’interruzione di gravidanza e lei che all’ultimo ci ripensa e va a farsi cappuccino e cornetto al bar? Beh, c’è un problema cara Giorgia: nel 1976 l’aborto era illegale. Non funzionava così. Hai mentito tu o tua madre?”.

Selvaggia Lucarelli ha chiamato Giorgia Meloni chiedendo una spiegazione, ma la leader di Fratelli d’Italia ha preferito tacere dando parola ad un’avvocatessa del suo partito, che ha risposto su “un sito sovranista” letto in buona parte da “analfabeti funzionali”.

A raccontare il seguito è stata proprio la giornalista.

Il nuovo post Instagram di Selvaggia Lucarelli su Giorgia Meloni

“Ieri ho fatto notare come la storia contenuta nel libro della Meloni sulla madre che voleva abortire e poi, sulla soglia del laboratorio dove avrebbe fatto gli esami pre-aborto, ci ripensa permettendo a IosonoGiorgia di nascere, fosse chiaramente ‘na bufala. Una bufala perché nel 1976, quando IosonoGiorgia è stata concepita, la legge sull’aborto non esisteva (è del 1978) e al massimo la madre avrebbe potuto abortire clandestinamente, altro che analisi in laboratorio e poi cappuccino al bar.

Ho invitato IosonoGiorgia a chiarire e – guarda un po’ – ha taciuto. La risposta però è stata affidata – udite udite – a un sito sovranista che neppure cito per il livello infimo, nel quale un’avvocatessa di Fratelli d’Italia la butta in caciara, approfittando dell’analfabetismo funzionale di buona parte di lettori ed elettori. In pratica, sostiene che nel ’76 l’aborto fosse legale, e ciò sarebbe stato sancito dalla Corte costituzionale nel 1975.

Già. In effetti la Corte Costituzionale nel 1975 sancì che non costituisse reato abortire per ragioni terapeutiche, ovvero in casi in cui la vita della gestante fosse messa in pericolo dall’avanzare della gravidanza. In tutti gli altri casi, abortire rimaneva un reato.

Ora, siccome IosonoGiorgia, nel suo libro, adduce come causa della decisione di abortire della madre l’opera di persuasione di altre persone (perché appunto il marito la stava lasciando e quindi “l’avevano quasi convinta che non avesse senso mettere al mondo un’altra bambina in quella situazione”), qui le ragioni terapeutiche non c’entrano un bel niente. E la madre, appunto, se questa storiella è vera, stava abortendo clandestinamente.

Dunque, felici che IosonoGiorgia sia venuta al mondo, ma Noinonsiamofessi.
E se è vero che non c’è nulla di male nel romanzare la propria vita, romanzare la storia di un mancato aborto collocato in un periodo storico in cui per abortire clandestinamente si poteva morire, è di uno squallore senza fine.
Quasi quanto i patetici articoli confezionati da amiche di Fratelli d’Italia per intorbidire le acque. #iosonogiorgia #giorgiameloni

Alla Lucarelli non la si fa, c’è poco da aggiungere.

 

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