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Temptation Island “ignora il mondo LGBT”, l’analisi di un autore
Anthony Festa 29/07/2025

Che Temptation Island sia un fenomeno televisivo è appurato, non conosce l’usura del tempo, è commentato, seguito, discusso e colleziona ascolti record, l’ultima puntata del viaggio nei sentimenti ha sfondato il muro dei quattro milioni di telespettatori e del 30% di share, numeri che quasi nessuno riesce a fare oggi in televisione. C’è solo un piccolo problema, la strana moda di molti critici tv di voler presentare questo prodotto mariano per ciò che secondo me non è. Spuntano come funghi articoli di giornali in cui ci vendono i falò di confronto come esperimenti antropologici e sociologici e il format tv come fosse Alle Falde del Kilimangiaro, ma girato in Calabria e con un’attenzione ai all’introspezione affettiva. Ma siamo sicuri di stare guardando lo stesso programma?
Lo stesso Filippo Bisciglia in una recente intervista ha voluto sottolineare che il programma che conduce non è trash: “È trash quello che circonda la trasmissione, i commenti. Il pubblico si svaga, tecnicamente il programma non è trash neanche nella più piccola inquadratura. Siamo molto attenti, parliamo di sentimenti. Gli altri possono spingersi di più, ma noi non siamo la Spagna“.
Filippo…
Ma soprattutto, perché tutta questa paura del trash? Capisco che per anni giornalisti e critici abbiano usato questo termine come arma contundente per cercare di colpire e demolire questa o quella trasmissione, ma adesso non è più così. Gli stessi spettatori dei reality usano il termine “trash” senza necessariamente dargli una connotazione negativa (anzi, spesso è quello che apprezzano e cercano). Ma poi come dovremmo definire dei fidanzati che temendo le corna si gettano a terra e gridano, ribaltano sedie, poltrone, tavoli, sgabelli, fuggono come nemmeno Marcell Jacobs o si appartano con le tentatrici ed eludono le telecamere? Davvero vogliamo prenderci in giro e definire tutto uno “studio dei sentimenti”?
Temptation Island: “Non è trash. Niente, voyeurismo e ignora il mondo LGBTQ”.
Tre le firme più note ad aver fatto un’attenta analisi del fenomeno Temptation Island c’è anche l’autore tv e giornalista Antonello Piroso, che su La Verità ha scritto: “Il successo del reality sulle «corna» sta nella molecola legata all’attesa del piacere: ci mostra coppie prigioniere di questa gabbia chimica, in cui almeno una volta siamo incappati tutti. A noi piace vederle schiantarsi. Per esorcizzare il timore di finire come loro. (…) Non è trash, niente crasse volgarità, zero performance intime, perché non si intende solleticare il pruriginoso voyeurismo. Si limita a mostrare come si comportano ed esprimono i fidanzati. (…) Ignora il mondo Lgbt“.
Che il reality sulle tentazioni ignori il mondo LGBT è verissimo, anche se va detto che inserire dinamiche legate a persone della comunità non sarebbe semplice, ma è anche vero che a parte la brevissima parentesi del Trono Gay, l’amore LGBTQ non ha mai trovato grandi spazi anche negli altri programmi di Maria De Filippi (che invece racconta abbondantemente i viaggi nei sentimenti tra maschi e femmine cisgender anche ad Amici, C’è Posta e Uomini e Donne).
Se il giornalista e autore su La Verità ci ha spiegato come mai secondo lui Temptation Island non è trash, il terapeuta di coppia Antonio Protopapa su Il Messaggero si è spinto oltre, analizzando i falò di confronto: “Il falò fa entrare lo spettatore nella stanza di una seduta di terapia di coppia, per quanto in una dimensione spettacolarizzata. Guardare come si comportano in quel contesto aiuta anche noi: è una specie di “educazione sentimentale della coppia”. Non sempre le persone arrivano a confrontarsi apertamente, come accade nei falò. C’è chi preferisce ricorrere al ghosting o chi entra in crisi perché ha intercettato un messaggino ambiguo. E la crisi incrina il rapporto. Il tradimento è un messaggio forte e chiaro. Ci dice che il vaso è rotto. Il fuoco, il falò, in questa lettura, «è un’evoluzione estrema del confessionale, un fuoco tribale davanti al quale ci si confessa davanti alla tribù televisiva“.
Diciamo che sarebbe “terapeutico” se all’interno del programma ci fossero psicologi, terapeuti di coppia, pronti a consigliare i protagonisti e a sottolineare tutti i comportamenti dannosi e che sono anche in certi casi delle red flag. A Temptation Island le sceneggiate, le urla, le frasi problematiche, le sfuriate aggressive sono condite da musiche comiche e durante i falò c’è Filippo Bisciglia che non ha nessuna competenza in materia di dinamiche psicologiche e affettive e questo va benissimo, ma allora è giusto parlare di un programma leggero, leggerissimo, che sconfina spesso (per quanto mi riguarda potrebbe sguazzarci molto di più) nel meraviglioso e bistrattato mondo del trash.