Delitto di Giarre, lo scandalo che fece nascere ArciGay

21 Giu 2021 Fabiano Minacci • Tempo di lettura: 3 minuti

Da Giò Stajano al mensile FUORI!, passando per le provocazioni di Mario Mieli: gli anni ’70 per la comunità LGBT+ italiana sono stati piuttosto movimentati ma c’è voluto un duplice omicidio per portare l’omofobia sulle prime pagine dei quotidiani nazionali.

Il 31 ottobre 1980, infatti, vennero trovati a Giarre, in provincia di Catania, i corpi di due giovani scomparsi da un paio di settimane: Giorgio Agatino Giammona di 25 anni (l’omosessuale del paese, già multato in passato dalla polizia perché beccato in atteggiamenti intimi in macchina con un altro uomo) e Antonio Galatola, di soli 15 anni. Giarre nel 1980 era un paesino di circa 16 mila abitanti e i due ragazzi erano conosciuti un po’ da tutti come “i ziti”, ovvero “i fidanzati”.

I loro corpi furono trovati l’uno accanto all’altro con le mani intrecciate ed un biglietto d’addio: “La nostra vita era legata alle dicerie della gente” e subito i poliziotti avevano ipotizzato ad un suicidio per avvelenamento. Quando la polizia accertò la morte per colpi d’arma da fuoco alla testa e la pistola fu ritrovata sotto terra poco distante da loro, l’ipotesi del suicidio crollò e si aprì la pista dell’omicidio.

“Derisi da tutto il paese due omosessuali siciliani si fanno uccidere da un ragazzo di 12 anni abbracciati”: titolò il Corriere. Per la prima volta nella storia la cronaca italiana registrò come tali le vittime di qualcosa che all’epoca neppure aveva nome, ovvero l’omofobia.

Il delitto dei due “omosessuali che si amavano” fece il giro del paese che smosse di fatto lo stereotipo cavalcato da Pier Paolo Pasolini che voleva gli omosessuali effemminati, legati al vizietto ed alla prostituzione. Il drammaturgo Piergiorgio Paterlini descrisse così questo fatto:

“Giarre ha assunto un’importanza archetipica. Per la prima volta la stampa, anche quella di destra, mostrava pietà per due gay uccisi. Non si parlava di “delitti nello squallido mondo omosessuale”, ma di un amore normale, fra due ragazzi normali. In un sol colpo Giarre ha spazzato via lo stereotipo dell’effeminatezza, della prostituzione minorile, dei gay vip, del ragazzo etero che va con l’omosessuale adulto. Giarre è stato vissuto piuttosto come Giulietta e Romeo. Un amore appassionato dell’adolescenza che finisce in tragedia per l’ostracismo delle famiglie, dei costumi e delle convenzioni della società”.

Delitto di Giarre, lo scandalo che fece nascere ArciGay

Chi ha ucciso Giorgio e Antonio? Ad oggi ancora non si sa. A poche settimane dal ritrovamento dei corpi al comando di polizia si presentò, insieme ai genitori, il nipote tredicenne di Antonio, che confessò il delitto: li ha uccisi perché costretto da loro stessi. Il ragazzo essendo un 13enne non è imputabile e non gli viene fatto neppure il guanto di paraffina per accertarsi se ha davvero sparato: per la polizia è lui il colpevole, il caso è chiuso.

Una versione che però non convince nessuno e che dura poco più di 24 ore dato che il tredicenne il giorno dopo ritratta: ha confessato l’omicidio perché ricattato dai carabinieri che lo avrebbero preso a schiaffi e gli avrebbero detto che altrimenti avrebbero arrestato suo nonno. Tuttavia ad oggi nessuno ha realmente pagato per quell’omicidio, anche se molte piste porterebbero a pensare che i due fossero stati uccisi su incarico delle famiglie e con il loro benestare, dato che avevano capito che non avrebbero mai potuto vivere il loro amore liberamente.

Un omicidio che insegnò agli italiani una parola: omofobia. Qualche settimana dopo a Palermo venne fondato ArciGay, era il dicembre del 1980.

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