LGBT

Commesso aggredito perché gay: “Picchiato e appeso a testa in giù”

Anthony Festa 26/07/2025

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Due settimane fa si è verificata la quindicesima aggressione omofoba (denunciata) a Roma, con un ragazzo gay picchiato e minacciato di morte fuori da un locale in zona Eur e qualche giorno fa c’è stata un’altra vittima nella capitale. Venerdì 18 luglio un 23enne si è recato al centro commerciale Roma Est per chiedere la carta dei buoni pasto al responsabile del negozio di abbigliamento in cui aveva lavorato come commesso fino a giugno. Mentre stava attendendo il responsabile, il ragazzo si è fermato a parlare con una sua collega, poi ha sentito dei rumori alle sue spalle e voltandosi si è trovato davanti un uomo che gli ha gridato “fr**io di m**da“, subito dopo pugni, schiaffi e spinte. L’aggressore è stato affiancato da due addetti alla sicurezza, ai quali la vittima ha chiesto aiuto, ma si è sentita dire che doveva fare silenzio e che gli stava bene.

L’ex commesso ha poi tentato di divincolarsi e ha sentito dire da uno dei tre uomini: “Portiamolo nello stanzino che non ci sono le telecamere“. A quel punto il 23enne si è spaventato e si è aggrappato ad un tavolo, ma i tre l’hanno sollevato di peso per le gambe e l’hanno tenuto a testa in giù.

Per fortuna poco dopo è arrivata la Polizia, gli agenti hanno subito identificato i tre responsabili dell’aggressione omofoba ed è anche stata chiamata un’ambulanza. Il giovane è stato portato al Policlinico Casilino, dove i medici hanno riscontrato contusioni ed ecchimosi multiple, per un totale di cinque giorni di prognosi.

Aggressione omofoba al centro commerciale, parla l’ex commesso.

In un’intervista rilasciata a Fan Page, la vittima ha raccontato che i suoi aggressori erano tutti addetti alla sicurezza, il primo era in borghese, gli altri due invece avevano la divisa. L’ex commesso ha poi spiegato come ha fatto a chiamare la Polizia: “Avevo il cellulare in mano. Quest’uomo ha continuato a prendermi a pugni e schiaffi mentre tentava di strapparmelo via. Ho chiesto aiuto ai suoi due colleghi, ma hanno risposto che stava facendo bene. Mi hanno picchiato perché sono omosessuale. Prima di iniziare a colpirmi mi hanno insultato. E mi ripetevano che facevo schifo. Uno di loro mi ha capovolto, un altro ha iniziato a soffocarmi urlando “ti soffoco, fr* di mer*”, mentre cercava di strapparmi via il telefono. Mentre tentavano di strapparmi via dal tavolo si è attivata la funzione d’emergenza dell’iphone ed è partita la chiamata al 112. Durante l’aggressione la telefonata era già partita, i poliziotti hanno sentito i colpi e le grida. Poi un mio collega è riuscito a darmi una mano per divincolarmi“.

Il giornalista di Fan Page ha chiesto al 23enne come mai secondo lui questi tre energumeni se la sono presa con lui, dando vita ad un’orrenda aggressione omofoba. Il ragazzo ha spiegato che la folle giustificazione è che i tre pensavano che lui fosse un ladro: “Uno dei tre ha detto che erano convinti che io fossi un ladro. Impossibile, io ero fermo a parlare con la mia collega. Non potevo dare il sospetto di essere un ladro, ero fermo nel locale a parlare con un’altra dipendente. Ma un’aggressione omofoba simile non ha giustificazioni“.

Le parole dell’avvocato e di Gay Help Line.

Il giovane ha detto giustamente che delle scuse non gli bastano e che spera che la giustizia faccia il suo corso, visto che ha già denunciato tutto in commissariato. L’avvocato Martina Colomasi sta seguendo il caso e ha dichiarato: “C’è il rammarico per il fatto che gli insulti omofobi non saranno puniti con una specifica aggravante perché non esiste“. E di chi è la colpa se questa aggravante non esiste? Perché chi ci governa finge che l’omofobia non sia un problema?

Alessandra Rossi, coordinatrice Gay Help Line è intervenuta, rivolgendosi anche alla direzione del centro commerciale: “Chi entra in un luogo pubblico deve sentirsi al sicuro. L’omofobia non può trovare spazio, tantomeno tra chi è preposto alla sicurezza. Dobbiamo contrastare questi episodi, invitando anche i responsabili del centro commerciale a effettuare un incontro per immaginare un percorso di informazione e sensibilizzazione e delle modalità di segnalazione in caso si verifichino episodi di violenza o discriminazione“.

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