Selvaggia Lucarelli spiega perché è andata in tv dopo la morte della madre e risponde piccata al direttore del Tg5

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Selvaggia Lucarelli oggi è stata intervistata dal Corriere della Sera dove ha avuto modo di spiegare come mai, il giorno stesso della morte della madre, è andata a Ballando con le Stelle. Una decisione che ha scatenato sul web un trambusto mediatico fra favorevoli e contrari.



“Lo rifarei altre cento volte. E quello che è successo non mi ha creato ulteriore sofferenza, ma diffidenza e amarezza. E ancora più consapevolezza di quanto la gente sia cinica e giudicante nei confronti altrui”.

E ancora:



“I familiari di persone che soffrono di Alzheimer sono in qualche modo preparati. Non che si possa essere mai davvero preparati a perdere qualcuno, ma il momento in cui svanisce l’essenza della persona per quello che è stata, per come tu te la ricordi, è un altro. Questo momento è arrivato due anni fa. Era rimasto il corpo, qualche sorriso, qualche sguardo in cui ci sembrava di scorgere un ricordo, un bagliore. Il vero addio è stato quando l’ho guardata negli occhi e ho capito che non mi riconosceva più. Ed è stato più doloroso dell’addio al corpo di ieri”.

Selvaggia Lucarelli e la risposta a Clemente Mimun

Fra coloro che hanno voluto dire la loro opinione (non richiesta) anche il direttore del Tg5, Clemente Mimun, che su Twitter ha scritto: “Quando morì mia madre ‘speciale Tg1’ (di cui ero responsabile) non andò in onda”. A tal proposito Selvaggia Lucarelli ha replicato:



“Quando è morta la capacità di stare al proprio posto il tweet di Mimun è andato online. Non capisco davvero che ragione ci sia di rivendicare la propria modalità di vivere il dolore. Sei migliore di me? Più sensibile? Più sintonizzato con la sofferenza? Ripeto: ognuno deve essere libero di viverla come desidera”.

[…]

“Di base c’è un enorme corto circuito: siamo così abituati alla strumentalizzazione del dolore trasformato in pochi secondi in rivendicazioni, posizionamenti e fertilizzante per il proprio brand che se uno osa lasciarlo in una stanza, senza esibirlo e sventolarlo, viene additato come cinico. Sui social non ho scritto cosa provo, ho scritto che è morta. E non accetto che mi si dica cosa dovrei provare. Questo è un altro aspetto grave: si dà per scontato che la morte di un genitore debba voler dire sofferenza, dolore, che ci si debba chiudere in casa. Io rifiuto questi cliché sulla sofferenza dovuta. Bisogna dire a chiare lettere che ci si può sentire sollevati, anche se non è il mio caso. Non c’è nulla di dovuto, ognuno elabora il lutto come desidera”.

Come sempre, Selvaggia ha ragione da vendere.