Fedez a Belve per 70 mila euro? Parla la società che produce il programma

22 Apr 2024 Fabiano Minacci • Tempo di lettura: 2 minuti

intervista di Fedez a Belve

Fedez 70 mila euro? Valeria Marini 7 mila euro? Vittorio Sgarbi 3 mila euro? Sono queste alcune cifre snocciolate da La Stampa in merito ai cachet dei vip nei vari salotti televisivi. In merito al rapper, tuttavia, la società di produzione del programma Belve, ha risposto tramite una nota stampa, smentendo.

“In merito alla notizia pubblicata oggi da La Stampa sul compenso di Fedez per la sua partecipazione a Belve, Fremantle smentisce la cifra riportata dal quotidiano. Per rispetto della privacy non è possibile rivelare il cachet realmente accordato, quello che possiamo dire è che il compenso reale è molto lontano da quello indicato da La Stampa”.

Una dichiarazione che è stata ripresa anche da La Stampa che provocatoriamente ha scritto: “Molto lontano, ma quanto? Una cifra spesa per un ospite della tv pubblica (anche se il programma è prodotto in esterno) che rimane segreto di Fatima“. Quanto sia stato pagato Fedez per partecipare a Belve non si sa ma, considerando il botto di ascolti, i soldi guadagnati fra la pubblicità su Rai2 e la pubblicità su RaiPlay sono stati ampiamente recuperati.

Fedez a Belve per 70 mila euro? No.

“Così, approssimativamente, un giornalista può «valere dai 300 ai 2.000 euro. Con punte alla Sgarbi di 3.000. Molto meno di un attore, un’attrice, una soubrette il cui compenso oscilla dai 2.000 ai 20mila euro (di Belen nel periodo di massimo fulgore)” – si legge su La Stampa – “Gli scrittori variano dai 500 euro, agli 800 di Mauro Corona, ai 1.800, appunto di Antonio Scurati (comprensivi di compenso autoriale). Per avere Valeria Marini «bastano» 7mila euro. Se vuoi un talento gratis devi pubblicizzarne il film, il libro, l’evento teatrale in uscita. Ci sono poi «i casi» che fanno gridare allo scandalo, come i 2.000 euro concessi al politologo pro Putin, Alessandro Orsini e i contratti dei virologi-star. Ma quel che non si dice mai è che non c’è niente di meglio di un talk per massimizzare i benefici di cassa (chiedere a Cairo), in tv. Perché sono show che si creano spontaneamente riducendo il lavoro degli autori e anche i costi di produzione. Insomma Dio salvi l’opinionista”.

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